La scoperta di via Gatteschi

Che a Roma esistesse via Gatteschi lo appresi nel mio lettino di ottone con le ringhiere anti caduta da poco tornato nella casa al sesto piano interno 16A (niente 17, portava sfiga!)di viale Eritrea 32 dopo l’operazione di tonsille e adenoide. Era il settembre 1955. Da Mamma Giuliana l’inaspettato annuncio che presto avremo cambiato abitazione, traslocando in un appartamento più grande e più bello. A dire il vero parlò prima di una casa di largo Lanciani, accanto alla signora Mariolina Rendola, moglie di Alberto proprietario di una ambita Alfa Romeo 1900 Super come le Pantere di allora della Polizia, una cara amica di mia madre piuttosto benestante, del suo gruppo di giocatrici di Canasta. Non so perché, ma quella ipotesi rapidamente cadde e al suo posto spuntò un altro appartamento, sempre in quella zona, nel palazzo, appunto in via Gatteschi, dove abitava un’altra sua amica e collega , Pia La Gala. Pia era moglie di un allora Maggiore dell’Esercito, Guglielmo, bravissimo e sempre il primo di tutti i corsi cui partecipava, che avrebbe poi certamente raggiunto i più alti vertici militari se la morte non lo avesse colto anzitempo. Anche Pia , oltre che essere insegnante come mamma, giocava a Canasta. Ma, diciamo un po’ meno bene del gruppetto delle quasi professioniste, tanto da far parte, come dire, del circuito di serie B. Fu appunto Pia a segnalare a Giuliana un appartamento vuoto del terzo piano di via Gatteschi 47, dove la famiglia La Gala abitava al secondo. E così, con rapidità si organizzò il trasloco e prima della fine di quello stesso settembre eravamo nella nuova abitazione. Meraviglia, via Gatteschi delimitava, a quei tempi uno dei quasi confini est della città, in fondo a via Lanciani. Una zona ancora con poche costruzioni. Davanti a casa c’era un largo spiazzo di prato senza palazzine, che poi proseguiva fino dove poi costruirono un complesso scolastico. E nello spiazzo un gruppo di ragazzini della zona, aveva realizzato un rudimentale campetto per giocarci a pallone. Inimmaginabile la mia gioia di esser stato portato via dal palazzone di viale Eritrea dove avevo trascorso i miei primi 8 anni di vita, sempre tenuto al guinzaglio dalle già vecchie zie di mamma che si erano sempre alternate a Roma da Firenze per darle manforte, ma soprattutto alla cameriera, visto che Giuliana era impegnatissima a scuola e con le Canaste, devo dire pur sempre con la sua vigile presenza pure da lontano e soprattutto col suo amorevole affetto.
Che pomeriggi tristi per un bambino erano stati, a recitar Rosari su Rosari nella chiesa di Sant’Emerenziana o a Sant’Agnese, assistendo e apprendendo tutta la liturgia delle “funzioni vespertine”! E che dire del vicino Parco Nemorense a me quasi sempre precluso, a favore di solitari giochi tra le radici del Pino di Via Santa Costanza o, sempre soletto con una delle vecchie zie, nel Parco di Villa Paganini? Un po’ di respiro c’era nei pochi periodi di assenza di entrambe le fiorentine, quando le varie cameriere, tra tutte la mitica Zaira, mi portavano quasi di nascosto al Parco Nemorense, a veder le mucche pascolare sui prati dell’ancora inesistente viale Libia o della parte del viale Somalia che guarda alla Salaria, azzardando a volte, per lo più in avanzata primavera, di condurmi tra li canneti sul ciglio dei binari della ferrovia Roma-Firenze a veder sfrecciare i treni che già tanto mi piacevano! L’arrivo in via Gatteschi fu davvero come scoprire il Paradiso!!!!

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